Il negozio di universi

All’apertura della porta, una campanella tintinna per annunciare il nuovo cliente. L’interno è ombroso e quieto, ma in sottofondo ribolle di opportunità. Strani alambicchi pulsano di luci liquide, mentre occhi minuscoli ammiccano da angoli remoti. Bagliori vengono dipinti nell’aria da una polvere leggera.
Il padrone del negozio sbuca da una qualche profondità e si avvicina al banco. Deve essere piuttosto anziano, ma il verde del suo involucro è ancora brillante, così come lucidi e porosi sono i suoi tentacoli. Saluta con un accento che viene da lontano.
«Buongiorno, in cosa posso esserle utile?»
«Salve, avrei bisogno di qualche consiglio. Mi è stato appena assegnato uno spazio per un universo.»
I tentacoli tremolano di un’emozione sincera.
«È il primo per lei?»
«Sì, è la mia prima volta.»
«Una nuova divinità dunque! Le faccio i miei complimenti.»
«Grazie.»
«E mi dica, cosa aveva in mente?»
Il Cliente non sa bene quali occhi deve guardare, così si concentra sugli scaffali pieni di articoli stravaganti, provenienti di chissà quali realtà.
«Niente di preciso, ancora, per la verità.»
«Dobbiamo partire dall’inizio allora, non ci sono problemi.»
Il Negoziante scivola al di qua del bancone, conducendo il Cliente in una sezione apposita, dove subito si avverte una vibrazione di esistenze.
«Qui abbiamo tutti i kit preimpostati. Significa che lei prende il suo spazio vuoto, ci applica uno dei kit, e immediatamente ha a disposizione un universo colmo di pianeti abitati, popolazioni di ogni tipo, ogni varietà di specie senziente e non. Può decidere lei il grado di interazione iniziale fra i popoli, a seconda del punto da cui vuole partire. Naturalmente, lo ribadisco per quanto so che sia scontato, nessuna delle specie senzienti avrebbe coscienza del fatto di essere stata creata pochi istanti prima. Vengono fornite di ricordi, generazioni passate, reperti archeologici che testimoniano la loro storia precedente. Tutto il pacchetto completo.»
«Ci sono differenze fra i kit?»
Il negoziante indica la mensola superiore, per poi spostarsi a una subito sotto.
«In termini di strutture di base si somigliano, però qui sopra abbiamo i kit cosiddetti puristi, in cui le regole di base non possono essere cambiate una volta applicata la base di riferimento. Significa che le specie senzienti devono progredire solo usando gli strumenti concreti che trovano sui loro pianeti.
«Qui sotto invece ci sono i kit meno rigidi, in cui è concessa l’elaborazione di scorciatoie. Magia, alchimia, regole naturali meno ferree. In questo periodo vanno molto i pacchetti basati sull’entusiasmo: più un individuo desidera qualcosa, e più è facile che la ottenga.»
Il cliente fece una smorfia di disapprovazione. «No, sono troppo articolati, vorrei qualcosa di più semplice, partire in piccolo.»
Il negoziante annuì con aria saputa.
«Le piace la vecchia scuola eh? Capisco benissimo, non ci sono problemi, mi segua.»
Dall’altra parte del negozio c’è meno brusio, una sorta di immota placidità.
«Qui abbiamo i kit base. Sa già quali vorrebbe che fossero le forze principali del suo universo?»
«Pensavo a gravitazione, elettromagnetismo, e nucleare.»
«Sia forte che debole?»
«Sì, esatto.»
«Va bene.»
Il negoziante si sposta in fondo, dove kit più piccoli irradiano da anfratti polverosi.
«Le dico la verità, non sono più in molti a chiederli, però apprezzo chi sa dare valore al classico. In base a quello che mi ha detto, dovrebbe usare uno dei kit big bang.»
Il cliente di china per vedere meglio. «Come funzionano?»
«In pratica il kit fornisce una singolarità estremamente compatta che viene piazzata nel suo universo potenziale. La singolarità viene fatta esplodere e dà vita a un cosmo che a quel punto ha conformazione molto casuale. Poi sta a lei riempirlo come vuole, in totale libertà.»
«Se volessi partire con un pianeta solo, giusto per provare?»
«Se vuole procedere con cautela è sicuramente la scelta migliore. Posso fornirle ogni tipo di atmosfera, liquidi, gas, minerali, fauna. Ci sono diverse tavole periodiche fra cui scegliere gli elementi, ma tutte ugualmente valide.»
«E posso scegliere io se costruire un universo rigido o meno?»
«Entro una certa misura sì. Le forze di base rimangono le stesse, ma poi ci può giocare un po’, sono abbastanza customizzabili.»
«E se volessi allevare una specie senziente?»
«Una sola?»
«All’inizio sì.»
«Mi segua.»
Un’altra ala del negozio, questa volta dietro il bancone. Ogni più piccolo spazio trabocca di vite appena percettibili. Parallelepipedi trasparenti ospitano biomi di infinitesima precisione, dove ignare creaturine volgono i loro sguardi minuscoli verso cieli che non comprendono.
«C’è una vastissima scelta di specie senzienti. Io non le ho tutte qui, ma se trova qualcosa in catalogo che le piace posso farla arrivare senza problemi. I miei preferiti sono i Klub.»
Un’anfora dai riflessi azzurri, dove pulci luminescenti nuotano nel blu.
«Sarà che hanno i tentacoli come me, ma sono una specie molto adattabile, capace di dare grandi soddisfazioni in termini culturali. Naturalmente, essendo principalmente nuotatori, sono adatti a mondi con molto liquido.»
«Questi invece?» Il cliente indica un bioma in cui freme una tempesta di corpuscoli.
«I Folkian. Sono molti affascinanti quando imparano a volare, però poi sostanzialmente smettono di vivere sul terreno e intasano l’atmosfera. Dipende da quanto lei ha a cuore la pulizia dell’aria, se vogliamo dire così. Posso chiedere se ha in mente un elemento su cui vorrebbe basare la vita sul suo primo pianeta?»
Il cliente ruota lo sguardo sulla miriade di biomi, senza nascondere una certa confusione.
«Stavo pensando al carbonio.»
Il Negoziante si irrigidisce. «Ah… capisco…»
«C’è qualche problema?»
«No no, si figuri, è che ancora una volta si tratta di una scelta ormai poco comune. Il carbonio è un elemento che dà grandi possibilità, ma anche abbastanza imprevedibile, nella gestione della vita senziente.»
«Lei ha qui qualche specie di questo tipo?»
Il Negoziante lo guarda perplesso, soppesando le possibilità.
«Una ci sarebbe…» ammette, «però…»
«Però?»
«Venga qui, le faccio vedere.»
Il Negoziante infila la sua robusta mole nello spazio fra due scaffali, raggiungendo un angolo più buio degli altri, apparentemente non visitato da molto tempo.
«Eccoli qui, ci sarebbero gli Umani.»
Il Cliente abbassa lo sguardo su un minuscolo prato, dove figurine con quattro lunghi arti e una sola testa più piccola corrono sull’erba impegnati in qualche tipo di gioco.
«E come sono?»
«Guardi, se vuole proprio la verità, non glieli consiglio.»
Nel sentire quella reticenza, il Cliente prova un’immediata fascinazione.
«E come mai?»
«Gli umani sono notoriamente inaffidabili.»
«In che senso?»
«Nel senso che presentano ampie variazioni singole. Ogni individuo può essere molto intelligente o molto stupido, in virtù di una molteplicità di fattori. Questo comporta fluttuazioni potenzialmente ampie nel loro sviluppo complessivo. Possono essere frustranti, e sono estremamente litigiosi. Praticamente impossibile che vivano in pace fra loro o con altre specie con cui dovessero venire a contatto.»
Il Cliente non riesce a staccare gli occhi da quegli esserini rosa.
«Sono così terribili?»
«Beh, dipende. Un mio collega ha venduto un pacchetto di umani a un cliente che li ha inseriti in un kit preimpostato, come quelli che le ho fatto vedere all’inizio, ed è riuscito a farli integrare piuttosto bene. So però di molte altre volte in cui hanno combinato disastri.»
«Sono una sfida, insomma.»
Il Negoziante, cogliendo l’inflessione del Cliente, sospira gorgogliando.
«Se vuole vederla così, sì, sono una sfida. Però la avverto, se prende gli umani deve firmare una liberatoria.»
«D’accordo, li prendo.»
Negoziante e Cliente tornano al bancone, dove un pacchetto di umani è già stato recapito da qualcuno che il Cliente non ha visto.
«Per quanto riguarda il resto della flora, della fauna, dei minerali?»
«Mi dia quello che ritiene essere il kit più flessibile.»
«Lasci fare a me.»
«Qualche altra indicazione sugli umani?»
Il negoziante si accarezza i tentacoli del volto.
«Un esempio classico delle loro contraddizioni è la spiccata capacità di porsi domande, unita però alla foga di darsi subito risposte, anche inventando. Sono per questo molto religiosi, e quindi volevo ricordarle che…»
«Non posso rivelarmi esplicitamente come creatore, lo so» finì per lui il Cliente.
«Esattamente, le regole sono chiare a questo proposito. Però si ricordi che sono una specie che ha bisogno di attenzioni.»
«Lo terrò a mente.»


La campanella tintinna all’apertura della porta. Dopo tutto quel tempo, la ricorda ancora bene. Così come ricorda bene il volto del Negoziante. Il verde dell’involucro è meno brillante, e i tentacoli pendono e dondolano, appesantiti dall’età. Il resto del negozio, però, è come lo ricordava, la stessa alcova di futuri potenziali, accuratamente ordinati su mensole scheggiate.
«Ma guarda un po’ chi si rivede!» esclama il Negoziante, la voce più rauca e meno squillante di un tempo. «Il Dio degli umani, non è vero? Mi ricordo benissimo. Com’è andata?»
Il Cliente arriva al bancone prima di rispondere, e aspetta comunque qualche istante, preso da un improvviso imbarazzo.
«Devo riempire un nuovo universo.»
Lo sguardo del Negoziante si accende di una luce indagatrice. Ma è questione di un attimo, il tempo di ricordarsi la necessità di essere rispettoso della privacy degli avventori.
«Naturalmente, ha già qualche idea?»
Il Cliente si guarda intorno, a disagio, fino a fissare di nuovo il Negoziante.
«Vuole davvero sapere com’è andata?»
Il Negoziante abbassa la testa, ossequioso. Il Cliente è diverso da come lo ricordava. I suoi modi più spicci, l’indecisione meno marcata, l’aria più stanca.
«Non ce l’ho fatta, lo ammetto. Gli umani sono completamente ingestibili.»
Il Negoziante sente affiorare un risolino, e subito lo sostituisce con un’espressione contrita.
«Eh sì, non sono una specie facile.»
«Dica pure che sono una specie impossibile. Dopo il Big Bang avevo trovato un pianeta adattissimo al loro sviluppo, dove ho piantato alcuni semi. Ho sviluppato una flora, poi una fauna, tutto da manuale, e ho fatto evolvere gli umani dai primati.»
«Giustissimo, ottima scelta.»
«Sì, ma non è servito a niente fare tutto con precisione. Hanno cominciato quasi subito ad ammazzarsi fra loro, a cospirare, a impadronirsi di qualunque risorsa senza lasciare niente agli altri. Li ho seguiti per ere intere, e il loro sviluppo è stato costantemente rallentato dall’avidità, dalla pigrizia, dalla violenza e dalla volgarità.»
«Gliel’avevo detto che avevano bisogno di cure.»
«Sì ma non immaginavo così! E non potevo nemmeno intervenire direttamente, ho provato a lasciare qualche indizio, ma loro interpretavano quello che volevano. C’è stata un’alluvione, in una certa zona, io non c’entravo nulla, e loro ci hanno ricamato sopra leggende per secoli. Finché non è arrivato uno che si spacciava per me.»
Il Negoziante si fece attento. «Addirittura? Questa non l’avevo ancora sentita.»
«Sì, diceva di essere mio figlio, ma poi diceva anche di essere me, entrambe le cose contemporaneamente. E moltissimi l’hanno seguito e ci hanno creduto.»
«Di profeti religiosi avevo già sentito parlare, ma non di umani che si spacciassero per dèi.»
«Ma il problema non era nemmeno quello. Quest’umano usava la sua influenza per professare la fratellanza, e la cosa mi stava bene, poteva essere d’aiuto. Ma dopo la sua morte, anche in suo nome hanno continuato ad uccidersi. Si massacrano da millenni per determinare qual è la divinità migliore, e io non sono nessuna delle loro divinità, e non posso dirglielo!»
«Lo so, può essere frustrante. Per questo sono sempre meno usati, troppo complicati da gestire.»
«Avevo pensato di inserire un’altra specie nello stesso universo, magari di farle interagire, ma ho paura per la specie nuova.»
«No guardi, lasci perdere, con gli umani è così. Lei può costruire universi con mille, duemila specie diverse senza rischi, ma se ci mette gli umani, quasi sicuramente arrivano i problemi.»
«Ammetto che ho mollato il colpo e non li ho guardati per qualche secolo. Poi ho controllato, prima di venire qui, e sono riusciti a prosperare, in qualche modo. Hanno infestato buona parte del pianeta, stanno drenando le risorse, hanno sviluppato un’infrastruttura tecnologica notevole, ma poco sostenibile.»
«Sì è tipico. Hanno una grande difficoltà a vedere il quadro complessivo.»
«Ma poi ora sono alle prese con una pandemia, un virus. Ne sono morti a milioni, le loro economie collassano, e alcuni nemmeno credono che esista! E quando i loro scienziati hanno trovato un medicamento preventivo che funziona, moltissimi umani lo rifiutano! Senza contare quelli che inventano informazioni false per trarre gli altri in inganno…»
Ancora una volta, il Negoziante dovette trattenere un’espressione divertita.
«Gliel’avevo detto, sono imprevedibili e contraddittori. È difficilissimo gestirli come specie intera, a meno di tenere basso il loro numero con continue calamità.»
«E mi dispiace, davvero, mi dispiace molto. Un po’ perché ci ho investito un sacco di tempo, e un po’ perché effettivamente moltissimi umani sono dotati di grande intelligenza, creatività ed empatia. Se ho resistito così tanto è anche perché in passato hanno prodotto moltissima arte di grande valore. Eppure una parte di loro continua imperterrita a uccidere, mentire, inquinare, arraffare ogni cosa.»
«E mi faccia indovinare, gli umani migliori stanno a guardare…»
Il Cliente non trattenne più lo sconforto. «Esatto! Per pigrizia, o per paura, non so, ma lasciano che i peggiori fra loro esercitino la maggiore influenza. Davvero, non ce la faccio più.»
«Sì, il brutto è che ci si affeziona comunque, e spiace vederli comportarsi in quel modo.»
«Proprio così, ha capito perfettamente. Per cui, a malincuore, vorrei iniziare un universo nuovo, ho bisogno di una boccata d’aria fresca.»
Il Negoziante assunse il suo tono più conciliante. «Non si deve abbattere. È normalissimo che le divinità giovani incontrino problemi coi loro primi tentativi. Alcuni fra gli universi più belli e ricchi della Realtà sono stati creati da dèi che avevano incontrato grandi difficoltà coi loro primi esperimenti. Vedrà che la sua esperienza le sarà utile.»
Il Cliente sospirò, rassegnato. «Speriamo… Ora pensavo a qualcosa di misto, magari una base preimpostata, ma non troppo fitta, su cui poter apportare correttivi miei personali.»
Il Negoziante annuì, compiaciuto. «È un’ottima soluzione. Magari in futuro, quando avrà accumulato altra esperienza, costruirà un altro universo dal nulla e le verrà benissimo, ma farlo come primo tentativo è davvero complicato.»
«E niente umani questa volta.»
«Niente umani.»
«Mi rimane un dubbio, però» ammise il Cliente.
«E quale?»
«Cosa fare con quell’universo.»
«Ah perché lei ha preso un secondo spazio, non vuole sovrascrivere il precedente?»
«Esatto. O meglio, non saprei, stavo cercando di capire cosa fosse meglio fare.»
«Guardi, io capisco che lei si è un po’ affezionato, non c’è niente di male. Se ha la possibilità di iniziare un nuovo universo in un altro spazio, lo faccia. Quello degli umani può lasciarlo lì. Difficile dire quanto possano durare, magari anche molto, ma comunque gli umani sono notoriamente biodegradabili, se lasciati completamente senza supervisione finiscono con il completare il loro ciclo vitale e autodistruggersi. A quel punto basta far pulire lo spazio, oppure installare una nuova specie nell’universo rimasto deserto.»
«Sì, preferisco così.»
«Molto bene! Allora non ci resta che scegliere un nuovo kit.»
«Ne vorrei uno in cui la forza motrice dell’universo fosse l’Amore. Per cambiare un po’.»
«Ah, una bella scelta romantica, mi sembra perfetto. Mi segua, ho giusto il kit che fa per lei.»

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