Sala d’attesa

-Ciao, qui è libero?
-Prego.
-Appena arrivata anche tu?
-Sì.
-Che numero hai?
-Cinquantadue.
-Io trentotto. Un po’ di fortuna almeno in questo, va. Chi se lo aspettava che avremmo fatto la coda anche da morti? Col numerino e tutto. Poi c’è pure la caldazza, tu non la senti? Pensavo ci saremmo liberati dell’afa almeno qui. Beh speriamo che dopo sia meglio. Io credo che a me andrà bene, tu?
-Non saprei, vedremo.
-Già… Però senti, io te lo dico onestamente, non so ancora bene come funziona qui, ma io passo quasi sicuro. Dovunque ci sia da passare, dico. Se non passo io è un po’ scandaloso.
-Sì?
-Ma sì, adesso gliela spiego bene, non ci saranno problemi. Io sono italiano e ho sempre vissuto in Italia, ma guarda che non è il posto da cartolina che tutti pensano eh. Cioè, in vita mia ho avuto le mie sfortune. Da bambino eravamo in quattro, più i miei, e già ti ho detto tutto. Vacanze al mare alla pensioncina, mica gli hotel quattro stelle. A cinque anni mi son rotto il braccio, e non è facile per un bambino col gesso e tutto. Con la scuola non mi trovavo, i professori son frustrati. Io li capisco pure eh, tenere insieme venticinque, trenta quindicenni, io mi sarei rotto i coglioni dopo due giorni. Scusa se son volgare.
-Non fa niente.
-Comunque non mi trovavo. Io sono uno che le cose le deve fare con le mani, capito? Non posso stare sui libri tutto il giorno e quelle cose lì. A mia madre un po’ è spiaciuto, ma io sono andato a lavorare. Ma non pensare chissà quale fortuna dopo. Io sono uno che si impegna, che lavora bene, ti puoi fidare di uno come me. Però mi devi mettere nelle condizioni. E invece solo capi stronzi. E i colleghi poi, un sacco di parlare dietro le spalle, di segretucci da bambini, uno schifo. E sai allora cosa ho fatto? Il minimo indispensabile. Tu mi paghi il minimo indispensabile e mi tratti bene il minimo indispensabile? E io lavoro il minimo indispensabile, giusto o no?
-Immagino di sì.
-E quando è arrivata la proposta di pre-pensionamento, subito. Son mica scemo. Poi tanto se ne va tutto in tasse, stare lì a sbattersi per cosa? Io un po’ di nero l’ho fatto eh, ma mica tanto, lo fanno tutti, non credo che qui mi scasseranno per quello, sennò non deve passare nessuno. D’altronde sai quanto costano gli asili in Italia? Una follia. E l’acqua, la luce, il gas, il riscaldamento. E se hai la macchina la paghi continuamente solo perché ce l’hai, e se vai in albergo c’è la tassa di soggiorno. Son sempre lì che cercano di fregarti. Poi vai a votare, voti questo o voti quello, non cambia niente, sempre le mani in tasca ti devono mettere. Io ormai non votavo neanche più, tempo perso.
-Capisco.
-Come fai a non mandare avanti uno come me? Mai fatto male a una mosca, ho avuto due figli, li ho cresciuti sani, una è laureata, anche se in filosofia, cosa se ne fa, boh. Adesso se non lavora sono cazzi di mia moglie che è rimasta giù, non so se mi spiego.
-Ho inteso, sì.
-Brava donna, niente da dire. Un po’ molle eh, sempre preoccupata di qualcosa, io le dicevo “e vivi un po’!”. Poi lei adesso può dire che è rimasta lì e io no, però la mia vita è stata più vita della sua, se ci capiamo.
-Ho capito.
-Io sempre fedele però. Quasi sempre, dai. Però insomma, mi sono impegnato, e quando hai la famiglia, il lavoro, il mutuo, le vacanze da organizzare, i giocattoli a Natale, e papà mettiamo pure l’aria condizionata perché ormai d’estate si crepa, e papà ho bisogno della benzina, ecc ecc, poi non rimane molto per te. Di questo ne terranno conto, voglio sperare.
-Credo di sì.
-Sono anche morto presto, tutto sommato. E sai cosa hanno provato a dirmi, alla fine? Che era la pandemia, che non respiravo per quello. Stronzate, ma quale pandemia? Una normale influenza, su cui hanno ricamato sopra. Mio cugino l’ha avuta, due giorni di tachipirina, fine. E i vaccini? Io non dico che facevano male eh, non sono di quelli. Ma non mi venite a dire che servivano a qualcosa, i contagi salivano lo stesso. Soldi per le case farmaceutiche, tutto lì. Lo dicevano tutti, appena cercavi un po’ oltre la solita propaganda. Sai perché sono morto io, lo vuoi sapere?
-Mi dica.
-È stata una roba di cuore. Non so bene cosa, ma quello. Io ho sempre mangiato e bevuto bene. Lo sapevo anch’io che faceva male, ma quando ti mettono il salame davanti cosa fai? Quando c’è il liquore quello buono lo lasci lì? È stata una mia scelta, ho scelto le cose buone della vita quando potevo. È forse colpa mia se le cose buone sono anche quelle che fanno male? Mi sa che la colpa è di qualcuno negli uffici qui intorno, non so se mi spiego. E comunque quante volte ho fatto delle rinunce? Una volta perché non c’erano soldi abbastanza, una volta perché ci sono i bambini. Un sacco di volte, non è che ho fatto sempre quello che ho voluto, magari! Mi son tolto qualche sfizio quando potevo, mi si può condannare per questo?
-Direi di no.
-No, infatti… Tu non sei una che parla molto, eh?
-Forse no, chiedo scusa.
38. NUMERO 38.
-Grande, tocca a me. Ma perdonami, ultima cosa, posso chiederti come sei morta? Non eri italiana, giusto? Sembri anche giovane.
-No, non ero italiana. La mia morte… Un lunedì sono andata all’università, e il martedì mi hanno detto che non potevo più studiare, da nessuna parte, e che invece mi avrebbero indicato un uomo che avrei dovuto sposare. Allora io gli ho detto di no. Loro mi hanno dato un’altra possibilità di scegliere, e io ho scelto sempre di no.
-Ah…
-…
-Per caso vuoi il mio numerino per passare prima? Per me non c’è problema.
-Non si preoccupi, qui si sta bene, è tranquillo.
-Sì è vero. Non fa poi così caldo, prima lo dicevo così per dire, non voglio fare quello che si lamenta.
-Non fa niente.
-Beh… allora io vado eh. In bocca al lupo, o buona fortuna, non so come si dice dalle vostre parti.
-Non è così importante, buona fortuna anche a lei.

Foto Getty Images | Paula Bronstein

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